
L’emicrania, con la sua natura spesso inspiegabile e invalidante, ha spinto molte persone a cercare spiegazioni che vadano oltre la pura fisiologia, includendo ipotesi di tipo psicosomatico. Tra le varie interpretazioni emerse nel tempo, una delle più strutturate è quella proposta da L. Ron Hubbard. Questo modello descrive una “mappa della psiche” in cui il dolore non sarebbe soltanto un evento biochimico, ma anche il risultato di informazioni energetiche registrate in momenti di trauma.
Secondo questa prospettiva, ogni individuo disporrebbe di una “mente reattiva” capace di immagazzinare tali registrazioni dolorose, dette “engram”, su una sorta di “traccia del tempo” personale. In questa cornice, un dolore cronico come l’emicrania potrebbe essere interpretato come la riattivazione di un engram passato, magari dimenticato, che riemerge sotto forma di sintomo fisico.
Per spiegare i casi in cui il dolore sembra ostinato, localizzato e non riconducibile alla biografia della persona, la teoria si amplia fino a ipotizzare che esistano memorie o schemi traumatici non appartenenti direttamente all’individuo, ma comunque percepiti come propri. In questo quadro, il sintomo diventerebbe la manifestazione fisica di un vissuto che non appartiene alla storia personale, ma che agisce come un’influenza esterna ed automatica.
Pur trattandosi di una spiegazione molto distante dalle interpretazioni mediche e psicologiche comunemente accettate, questo approccio viene presentato come un tentativo di dare significato a esperienze croniche altrimenti di difficile comprensione.